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martedì 11 febbraio 2014

Il Bene culturale, oltre ad essere espressione di civiltà, è norma giuridica

Il Bene culturale, oltre ad essere espressione di civiltà,  è norma giuridica senza la quale la tutela non avrebbe senso ma il dibattito continua
 
 di Micol Bruni


 In punta di diritto il concetto di bene culturale chiama in causa l’identità nazionale di una Nazione. Spesso si intavola un discorso sul patrimonio culturale a prescindere dai diritti giuridici, dei doveri costituzionali  di un’etica che va oltre la prassi. Il Codice dei Beni Culturali (2005) sostanzialmente in atto è una prerogativa che ha raggruppato gli articoli della Costituzione italiana e le leggi del 1939.
Non si può parlare di bene culturale senza avere presente sia una grafica del diritto amministrativo sia dei doveri etici che sono parte integrante di un patrimonio di una Nazione. Ma andiamo per ordine.... sempre in punta di elementi giuridici., insomma lo si vuole capire che il bene culturale senza una visione giuridica non avrebbe avuto una sua tutela e una “carta” giuridica vera e propria?
L' art.9 della Costituzione Italiana recita: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione".
      È una sottolineatura importante che ci introduce in un contesto in cui il patrimonio, questo patrimonio definito successivamente come Bene Culturale, è il patrimonio di un Paese e quindi di una intera comunità. Quando si parla di tali problemi si focalizza l'interesse su due aspetti precipui: la conservazione e la fruizione o meglio come giuridicamente vengono definiti: la "esigenza della conservazione" e la "pubblica fruizione". Aspetti fondamentali che fanno del Bene culturale un patrimonio non solo di cose, di oggetti, di reperti, ma un patrimonio di valori nei quali la memoria (quindi la conservazione) ci aiuta al rispetto e contemporaneamente ci aiuta a leggere la storia e con la storia i fenomeni e le stagioni della civiltà.
      Quando si parla di patrimonio culturale si parla anche di leggi, si parla di aspetti giuridici, di applicazioni di riforme e di ordinamenti. Per molti anni, comunque, questo patrimonio è stato governato dalle leggi 1 giugno 1939, n.1089 e 29 giugno 1939, n. 1497. Leggi che hanno fatto la storia dei Beni culturali. Nella prima si parla di tutela delle cose d'interesse artistico e storico mentre nella seconda di protezione delle bellezze naturali. Si giunge a questa "riforma" definita anche "Riforma Bottai" dal nome dell'allora ministro della Educazione Nazionale   dopo diversi iter.         
      Ci fu un primo avvio, nella storia moderna (si farà cenno più avanti ad altri riferimenti giuridici e storici più remoti) che mise in moto una iniziativa legislativa riguardante il patrimonio in questione già nel 1872, ma si giunse ad una legge soltanto nel 1902, la quale (legge 12 giugno 1902, n.185 ) costituì la prima legge di tutela storico - artistica nel diritto italiano. Successivamente ci si rese conto che c'era bisogno di ulteriori riforme  e si emanò una nuova legge organica nel 1909 (20 giugno 1909, n.364 ).
      Se nella legge del 1902, comunque, il testo presentava diverse insufficienze come quella delle esportazioni, le quali si concedevano con molta facilità, in quella del 1909 si definì uno statuto abbastanza considerevole. Ed è proprio in questa legge che si comincia a discutere e a porre dei seri punti sulla conservazione, sulla tutela e sulla disciplina della  ricerca archeologica . In seguito ci furono alcuni Regi Decreti che puntualizzarono aspetti e norme riguardanti la legge del 1909. Infine la legge del 1939, la 1089, sostituì quella del 1909.
     
      Il dibattito ha radici antiche. Storicamente si fa riferimento ad alcune normative. Il 1902, il 1909 e il 1939 e i successivi provvedimenti. Ma, se si vuole insistere su cesellature storiche, c'è da dire che è alla fine del 1500 che si avverte la necessità di emanare alcuni provvedimenti. Per  esempio risale al 30 maggio del 1571 una legge che riguardava le provincie Toscane, in cui si fa divieto di rimuovere le memorie esistenti in edifici pubblici e privati. Risale al 5 ottobre 1624 un provvedimento riferito alle provincie romane in cui si proibisce di estrarre antichità dallo Stato Pontificio e tale proibizione è del Cardinale Aldobrandini.
      Risale al 25 settembre del 1755 un provvedimento riferito alle provincie meridionali in cui si vieta la esportazione dei monumenti e al 1822 le leggi sulla conservazione e sugli scavi. Dalla fine del 1500 sono stati emanati numerosi provvedimenti riguardanti i diversi campi del patrimonio storico e artistico: dai provvedimenti sulle esportazioni ( il primo risale al 1597) a quelli sugli scavi e sui ritrovamenti ( il primo risale al 1624 ), dai provvedimenti sugli edifici antichi ( il primo risale al 1726 ) a quelli riguardanti l'attività di tutela sulle medaglie e sulle monete ( il primo risale al 1704 ); dalle antiche strade ( 1750 il primo provvedimento) alle pietre dure e alla tutela sulle armi e insegne ; dai manoscritti e libri ( il primo provvedimento porta la data del 1704 ) alla proprietà della chiesa ; dal restauro  (1745 primo provvedimento) al catalogo , all'inventario alla notifica, ai musei, agli organi di tutela. È un dibattito questo che ha toccato aspetti specifici all'interno degli Stati  italiani dalla fine del Cinquecento in poi.
      Un dibattito che ha permesso di sviluppare  diverse discussioni nel corso degli anni successivi fino ad arrivare, appunto, al 1939. La 1089 del 1939 nasce sulla base di precedenti discussioni.
    È ormai risaputo il dibattito messo in moto dal Ministro Bottai nel corso degli anni Trenta sul ruolo del patrimonio culturale della Nazione . Secondo Bottai la tutela artistica e monumentale doveva avere un compito educativo. 
      In un suo discorso pronunciato al Senato il 26 marzo del 1938 sottolineava l'importanza del museo: "Il Museo non è solo deposito d'opere d'arte. Deve essere un centro vivo di studi e di ricerche; e, come tale, deve riflettere il livello, l'orientamento e i risultati delle ricerche scientifiche ". E' un concetto ancora attuale e presente nel dibattito odierno. Un concetto , quello del Bottai, ripreso e riproposto in un suo articolo apparso su " Critica Fascista " n.18 del 15 luglio del 1938.
      L'arte antica non deve essere vista soltanto come documento ma come valore della personalità storica nazionale e far la storia, si legge in un altro scritto apparso su "Le Arti", fasc.I, otto.-nov.1938, " significa determinare dei valori utili, nella realtà attuale, per la realtà futura". È un discorso sul ruolo e sul valore del patrimonio culturale certamente, ma è soprattutto una affermazione sul ruolo del rapporto tra patrimonio e educazione. Infatti sul "Corriere della Sera" del 24 gennaio 1940 Bottai sottolineava : " La vita di un artista è formazione , cioè educazione e scuola, dal primo all'ultimo passo". E precedentemente sul "Popolo D'Italia" del 23 agosto del 1939 si poteva leggere: " Le testimonianze del nostro passato non vivono in noi come conclusi ricordi, ma si infuturano con una voce inestinguibile".
      Questi scritti sono stati raccolti in Scritti di Giuseppe Bottai (1918 - 1943 ) edito da Editalia e curato da Alessandro Masi. Questo su Bottai è un discorso tuttora aperto ma trova estimatori in studiosi provenienti da tutt'altra sfera ideologica. Tant'è che Giulio Carlo Argan ( che fu collaboratore, per certi versi, di Bottai quando questi era Ministro dell' Educazione Nazionale) porta una sua significativa testimonianza in merito : "Voglio aggiungere che Bottai merita rispetto anche per aver dato respiri alla cultura italiana nel momento in cui persone molte influenti cercavano di soffocarla.
      Una altra testimonianza ci viene da un  articolo apparso sul " Corriere della Sera " del 20 marzo '92, a firma di Piero Dorazio. Attenta l'osservazione di Salvatore Settis in merito alle Leggi 1089 e 1497 del 1939: "Leggi avanzatissime, le migliori del mondo non solo per la loro epoca, perché nascevano dalla tradizione italiana di tutela che (…) era ed è la più antica e la più solida del mondo, anche sotto il profilo giuridico" (cfr. S. Settis, Italia S.p.A. L’assalto al patrimonio culturale, Einaudi, 2002, pag. 30).
      La legge del 1939 è stata, dunque, costruita sui presupposti culturali appena accennati. I beni culturali sono e restano il nostro passato e sono tali perché racchiudono " le radici del presente e del avvenire ". sono i testimoni di un'epoca, della creatività dell'uomo, dell'esperienza dell'uomo. Se dimenticassimo questo dimenticheremmo l'uomo nella sua memoria e nel tempo della civiltà.
      Dopo il conflitto bellico si avvertì l'esigenza di dibattere alcune questioni anche se la 1089 del 1939 prese applicazioni soltanto dopo gli eventi bellici. La storia dei beni culturali è storia giuridica del diritto alla tutela e al dovere alla valorizzazione. Da qui bisognerebbe partire per capire, oggi, la valenza del patrimonio archeologico, storico, artistico e delle attività culturali.
Quando ci si allontana dalla “giurisprudenza” del concetto di bene culturale ci si allontana dalla stessa comprensione della cultura come diritto allo sviluppo di un territorio. Successivamente verranno altri decreti, il Testo Unico, il Codice ma sono tutti aspetti di precise normative oltre la scientificità delle discipline di una visione di bene culturale meramente come realtà culturale.


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