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sabato 17 febbraio 2018

Giuseppe Galasso, scomparso recentemente Uno storico che pose la questione del Mediterraneo come centralità europea

Un amico di antica data
di Pierfranco Bruni

In molte occasioni ebbi modo di frequentare Giuseppe Galasso, scomparso recentemente (Napoli, 1929 – Pozzuoli 2018), nel periodo in cui rivestiva la carica di Sottosegretario al Ministero dei beni culturali, a partire dal 1983 fino al 1987, durante il governo di Bettino Craxi. Dal 1988 al 1989 fu Sottosegretario al Ministero per l’intervento straordinario nel Mezzogiorno, con i Governi De Mita e poi Andreotti. In quel contesto discutemmo più volte sul ruolo della cultura e dei beni culturali sia a Roma che in altre città italiane.
La discussione verteva su come creare un forte legame tra la tutela e la capacità di fruizione dei modelli culturali, come creare un modello di valorizzazione e di conservazione, non solo dei beni culturali in sé, ma anche intesi come paesaggio, ambiente, realtà di una geografia sia reale che metafisica.
Fu allora, nel 1985, che nacque il cosiddetto “Decreto Galasso”, ovvero Legge Galasso, che garantiva una maggiore protezione al paesaggio incastonandosi all’interno dei processi storici dei beni culturali - archeologi e, allo stesso tempo, divenendo punto di riferimento di una società che guardava con attenzione ai nuovi saperi.
In quegli anni l’apporto di Giuseppe Galasso fu determinante. Storico del Medioevo e dell’età moderna, laureato in Lettere e Filosofia, Galasso fu uno studioso attento e rigoroso con un’ampia visione storica che contemplava tutte le direzioni, da Benedetto Croce ad Antonio Gramsci, passando attraverso la dimensione del Risorgimento e il contesto meridionalista.

In Galasso si pongono alcune questioni ben definite che rispondono al concetto di società e antropologia del Medioevo e dell’età moderna. All’interno della lettura che ha fatto della storia vi è il Mezzogiorno come visione centrale, un Mezzogiorno che si apre a ventaglio con l’Europa, le Europe e con il Medioevo e le varie realtà dei Mediterranei. Non si parla solo di storia della politica, ma anche di economia e di società.
Risale al 1965 uno dei suoi primi volumi in cui focalizza l’attenzione sul Mezzogiorno analizzato tra Medioevo e modernità, mentre quello successivo del 1967 si concentra sull’economia e sulla società nella Calabria del Cinquecento. I rapporti tra Calabria e società, Mezzogiorno e società, economia e società costituiscono dati pregnanti. Del resto il punto di partenza per Galasso era sempre il Regno di Napoli, nodo centrale del Mediterraneo, e le letture che propose, come il pensiero dell’Italia moderna attraverso Mazzini e Salvemini, attraverso i lineamenti della storie dei personaggi che diventano storia universale, si incentrano in una visione che è quella dell’Italia come problema storiografico.
Riflettendo sul concetto di democrazia, Galasso pone allo’attenzione due pilastri: Cattaneo e Rosselli. Accanto a queste due realtà storiche, la cultura napoletana del Settecento viene vista attraverso lo sguardo della filosofia.  Senza la filosofia e l’antropologia non ci sarebbe stata la visione articolata di una cultura, a tutto tondo, tra storia moderna, storia medievale e storia d’Europa. È esattamente questo uno dei dati principali che Galasso ha posto in evidenza mediante la sua storiografia e bibliografia. Quando nel 1998 pose all’attenzione il rapporto tra l’Italia moderna e l’unità nazionale, fu chiaro che dentro questa visione vi era l’antica questione meridionale, rivissuta attraverso un rapporto euro-mediterraneo considerato addirittura partendo da Giustiniano fino ad arrivare all’età medievale moderna di Federico II.
Lo studio di una realtà europea che parte dal Medioevo fino ad arrivare al Novecento, sottolinea, chiaramente, l’importanza di un legame tra storia politica, storia culturale, storia delle società. Esperienza e testimonianza storica solcano tutto il vissuto di Galasso. La sua attività ha rappresentato un dato significativo. L’esperienza politica l’ha portato ad approfondire la visione di una storia politica aperta alla storia delle culture.
Dal 1970 al 1993 ha militato nel Partito Repubblicano italiano. Ha fatto politica ed è stato anche Consigliere comunale a Napoli. L’esperienza nazionale come membro della Camera dei Deputati, tra il 1983 e il 1994, e le sue esperienze come Sottosegretario ai beni culturali prima e come Sottosegretario all’intervento straordinario del Mezzogiorno poi, lo hanno inserito all’interno di quelle dinamiche relative al legame tra il territorio, gli aspetti culturali e storici.
Come dicevo, si deve a lui il progetto della tutela del paesaggio attraverso la “Legge Galasso” del 1985,  che, sottolineando l’importanza del paesaggio all’interno del patrimonio dei beni culturali, pone l’attenzione su tre concetti fondamentali: la tutela, la valorizzazione a la fruizione dei beni culturali.
Ritengo che se il Codice dei beni culturali del 2005 ha posto l’attenzione il legame tra bene culturale (bene materiale e immateriale) e paesaggio, lo si deve anche alla valutazione e alla verifica che Galasso ha realizzato all’interno di questa sua proposta, attribuendo una notevole forza al modello culturale. Per Galasso il bene culturale ha rappresentato una conoscenza, o meglio, la possibilità di conoscere, in maniera più approfondita, il territorio.
Risale al 1986 il suo saggio Beni e mali culturali, nel quale emergono questi aspetti nell’ambito di una dimensione in cui l’interpretazione della storia diventa interpretazione delle culture. La sua esperienza politica viene espressa anche mediante il pensiero repubblicano legato a Mazzini e a Croce. Quel suo pensiero che lo ha posto all’attenzione di una dimensione molto ampia nella universalità dei concetti filosofici attraverso una collaborazione costante con testate giornalistiche come La stampa, il Corriere della Sera, l’Espresso.
Il suo mettersi in gioco nella quotidianità del dibattito, ha imposto una dialettica estesa e articolata. Tra la storia militante e la storia accademica, Galasso era sempre lì come punto centrale di una dialettica molto vasta e questo lo ha portato ad essere considerato uno dei maggiori storici nella dialettica militante sul Mezzogiorno e  sulla storia del legame tra Europa e Mezzogiorno stesso.
Il pensiero liberaldemocratico ha trovato in Mario Pannunzio una personalità di grande spicco comunicativo sul quale si è soffermato anche Galasso. Pannunzio è stato il direttore del settimanale “Il Mondo”, rivista che fu al centro della dialettica tra cultura, economia e politica. A questo riferimento si è ancorato il  pensiero di Galasso. Nella sua chiave di lettura si inseriscono personalità come quelle citate, ma si inserisce anche in una visione che tocca la Napoli spagnola, la Napoli di Masaniello e il legame tra il Regno di Napoli e, precedentemente, il Regno delle Due Sicilie.
Nel 2016 viene pubblicata Storiografia e storici europei del ‘900, e soffermandosi sugli storici e sulla storiografia del Novecento, il Novecento stesso diventa la lettura di un mosaico molto ampio all’interno del rapporto tra storia, politica, società e cultura. Successivamente, nel 2017, pubblica Storia della storiografia italiana. Un profilo. Questi due ultimi libri sanciscono l’importanza della storiografia. Il Galasso filosofo e storico pone la sua lezione su Giambattista Vico al centro di un‘interpretazione universale.
Ricordo quella sua straordinaria lezione su Vico. Erano gli anni ’90, un periodo in cui la figura di Vico veniva posta all’interno di una metafisica e di un’etica. Memorabile è stato il “duello” dialettico avuto su Vico con Riccardo Misasi, l’allora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Un grande politico di Cosenza, più volte ministro della Pubblica Istruzione, profondo conoscitore della storia europea e mediterranea. Questo importante Convegno si svolse alla Reggia di Caserta, io ne ero il coordinatore, e il pensiero di Galasso, liberal democratico, apriva una dialettica forte con il cattolicesimo sturziano di Misasi.
Questo confronto su Giambattista Vico ha posto all’attenzione il filosofo e l’antropologo, e ponendo all’attenzione il Vico filosofo e antropologo, sia Galasso che Misasi hanno sottolineato l’importanza della metafisica e dell’etica. Tutto questo ha significato anche una rilettura della cultura del Mezzogiorno, perché con Vico si supera la storia e anche la visione etica per entrare in un linguaggio che è metafisico.
Questo incontro ha offerto una nuova visione di un processo culturale del Regno di Napoli, analizzato attraverso la visione metafisica di Vico che ha cportato Galasso a rileggere tutta la storia dell’Italia contemporanea, dal Cinquecento all’età del Duemila. La storia della storiografia italiana del 2017 è improntata su questa chiave di lettura metafisica che è vitale in Giambattista Vico.
Giuseppe Galasso ha penetrato, senza alcuna visione ideologica, lo spessore della storia del Mezzogiorno non soltanto attraverso i modelli dei fatti e degli eventi, ma anche mediante il pensiero del Mezzogiorno come verifica di un quadro internazionale. Il filosofo, che non riusciva a considerarsi tale, ha trovato una sua abitazione proprio in questa storiografia italiana, che attraversa il Regno di Napoli e certamente  tutto il Mediterraneo e Giambattista Vico, anello di congiunzione di una società e di una civiltà, che lega le identità e le eredità dei popoli.
Galasso aveva compreso perfettamente la funzione di una storia che non può passare attraverso le ideologie, bensì tramite una documentazione costruita non solo da fatti di cronaca, ma anche dal pensiero. Una dimensione in cui la storia e la filosofia si intrecciano con gli elementi antropologici. Di grande importanza resta il suo studio su Croce, uno studio comparato e articolato tra filosofia, storia e letteratura.

Galasso pone all’attenzione il legame tra Croce e Gentile. Un partecipata analisi  sono le pagine su Gentile e mai si allontana del rapporto con la filosofia genti liana. Scriverà: “…il riflesso di una identificazione tra vita e lavoro, di cui la biografia e le opere di Croce offrono una testimonianza, se così si può dire, totale" trova un centro proprio nel lavoro gentiliano. Insomma uno storico serio.

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